Il Quirinale, il 2023 e la Seconda Repubblica che verrà

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Una mia intervista a Italia Oggi, questa mattina.

“Per traghettare l’Italia verso nuove elezioni politiche serve un Presidente della Repubblica di garanzia, il bis di Sergio Mattarella sarebbe l’ideale. Mario Draghi? Immaginarlo al Quirinale, penso che sia un errore, di protagonismo infantile dei media e opportunismo di una parte del sistema politico». Claudio Velardi, analista politico, esperto di comunicazione e saggista, un passato a sinistra (Pci e Ds), ricorda il precedente di Giorgio Napolitano rieletto nel 2013: «Ora la situazione è ancora più ingarbugliata: il punto di fondo è che oggi non c’è nessuna corrispondenza tra questo Parlamento, eletto nel 2018, e la realtà attuale. Le prossime elezioni ci consegneranno un quadro politico completamente mutato. Aggiungo che se avremo il coraggio di fare una legge proporzionale assisteremo anche alla fine dell’architettura forzata del bipolarismo italiano. Nascerà per davvero la Seconda Repubblica». 

Domanda. Draghi al Colle ed elezioni nel 2023, ipotesi possibile?

Risposta. L’ipotesi di Draghi al Quirinale è un’ipotesi sbagliata, ed è infantile la campagna mediatica che la sostiene. I giornali che la sostengono (il Foglio e, ogni tanto, finanche il Fatto) lo fanno per apparire protagonisti della scena, e si basano peraltro su un presupposto a mio avviso infondato: che l’interessato ne abbia voglia.

D. E perché sbagliata?

R. Perché il Paese reale vuole Mario Draghi premier fino al 2023 e anche oltre. Il Paese reale ha capito quello che alcuni fingono di non sapere (o capiscono fin troppo bene). Draghi a Palazzo Chigi è la migliore garanzia possibile per la gestione dei fondi del Recovery plan. Il Presidente della Repubblica svolge un ruolo importante di moral suasion, una funzione di garanzia, oltre che di rappresentanza. Ma qui ora abbiamo l’urgenza di rendere strutturale la ripresa che già c’è, ed è un’occasione storica per la quale serve un uomo di grande operatività e visione, oltre che di grande reputazione presso le Cancellerie europee e le istituzioni internazionali. Al Paese reale Draghi serve a Palazzo Chigi.

D. Intanto l’elezione del Capo dello Stato va fatta, ed è una partita su cui centrodestra e centrosinistra si giocano il loro posizionamento per 7 anni.

R. L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica – se ci va bene – potrà tuttalpiù riflettere equilibri vecchi che non hanno nessuna corrispondenza con la realtà politica attuale: il Parlamento uscito dalle urne nel 2018 aveva il M5s al 33%, Fratelli d’Italia al 4%, Forza Italia al 14%, il Pd era renziano. Questa realtà non esiste più, è cambiato tutto: c’è stato il botto della Lega e poi la sua crisi, la crescita esponenziale di Fdi ora in frenata, l’uscita di Renzi del Pd e la dissoluzione del Movimento 5 stelle. Eleggere il Capo dello Stato dei prossimi sette anni sulla base di questa fotografia seppiata significherebbe ignorare la realtà delle cose. Soluzioni alternative si possono trovare, del resto ci siamo già trovati ad affrontare una situazione per certi versi simile.

D. La rielezione di Giorgio Napolitano nel 2013?

R. Esatto. Anche allora si trattava di fronteggiare un quadro politico nuovo, di grande instabilità e incertezza. E oggi la situazione è ancora più ingarbugliata di allora, lo scarto tra Parlamento e realtà è ancora più forte. Senza tenere conto che nel 2023 le elezioni politiche potranno segnare un grande, vero mutamento politico: il taglio di un terzo dei parlamentari comporterà una rivisitazione dei collegi elettorali, richiederà una diversa qualità, si spera, anche dei candidati, una riforma profonda del funzionamento delle due Camere, dei regolamenti parlamentari. E io aggiungo: se avremo il coraggio di fare una legge proporzionale assisteremo anche alla fine dell’architettura forzata del bipolarismo italiano. Una rivoluzione. Nascerà per davvero la Seconda Repubblica. In questo scenario, la rielezione di Mattarella sarebbe certamente un atto di buonsenso, oltre che di profilo molto alto.

D. Il proporzionale non è l’anticamera dell’ingovernabilità?

R. Perché? Il maggioritario finora ci ha dato governi stabili decisi nelle urne? È una grande fandonia, quella del bipolarimo italiano. E qualcuno dovrebbe spiegarmi cosa c’entrano oggi Forza Italia o Azione di Carlo Calenda o Italia viva di Matteo Renzi con gli estremi delle coalizioni, che ne guidano le scelte politiche. 

D. L’elezione invece di un nuovo Presidente che conseguenze comporterebbe?

R. Se fatta dai due blocchi non farebbe altro che acuire le divisioni degli schieramenti, che attualmente hanno sì e no 400 voti a testa tra i grandi elettori, mentre al centro c’è un blocco di 200 voti tra parlamentari e consiglieri regionali che non è assimilabile a nessuna delle due finte colazioni. Eleggere oggi un Presidente forzando l’aggregazione a uno dei due poli di qualche scheggia di centro sarebbe un grave errore, si avrebbe una elezione divisiva. 

D. Mattarella si è già detto non disponibile a un bis.

R. Come dicevo, io credo che la sua rielezione corrisponda ad un’esigenza profonda del Paese, tutti dovrebbero chiedere al Presidente di restare per un altro anno. Se la richiesta fosse corale forse potrebbe rivedere la sua valutazione.  

D. Altre possibile soluzioni?

R. Forse la sola, possibile alternativa sarebbe puntare su una figura nuova, non associabile alle coalizioni, con un tratto di grande autonomia e assoluto prestigio. Penso all’ex presidente della Corte costituzionale, e attuale ministro della giustizia, Marta Cartabia. sarebbe una soluzione assolutamente non di parte. E eleggere una donna alla Presidenza sarebbe un atto di grande significato.

D. Altrimenti?

R. Altrimenti resta in campo l’opzione che molti danno per scontata ma che è anche la più sbagliata: chiedere a Draghi di andare al Colle. Il sistema assolverebbe se stesso con un’opzione incontestabile e di assoluto prestigio, ma il sistema si priverebbe della persona che più di tutti può incidere sulla ripresa. Draghi non può essere sostituito. La soluzione non piacerebbe alle Cancellerie estere, e mi permetto di dire che lui stesso non la riterrebbe la migliore per sé.

D. Bene, poniamo che le cose vadano così: Draghi continua a governare, si trova un’intesa solida per l’elezione del PdR. Come si procede verso il 2023? 

R. Mettendo mano ad una nuova legge elettorale proporzionale, con una significativa soglia di sbarramento. Riconfigurando il sistema della rappresentanza su basi totalmente programmatiche. In vista delle elezioni del 2023, ogni forza politica dirà che Italia vuole, per che cosa si batte, quali sono i cardini della sua offerta politica. Senza mescolarsi tra diversi in campagna elettorale per poi dividersi il giorno dopo e creare ingovernabilità, ma seguendo il percorso opposto: ognuno si presenta con il proprio volto, va in Parlamento (se prende una quantità adeguata di voti) e lì si va in cerca di un accordo, di un compromesso sulle cose da fare. Sapendo che, a conclusione di questo percorso, potrebbe accadere la cosa più sensata e auspicabile: che si formi una maggioranza intorno a Mario Draghi. In modo da poter continuare un cammino che di certo l’Italia reale non vuole interrompere.

Questo articolo ha 4 commenti

  1. Massimo Ricciuti

    Concordo totalmente con l’analisi di Caludio Velardi! Siamo in una fase di “transizione permanente”, occorre essere nel movimento delle cose, i numeri e la formazione dell’attuale Parlamento sono una fotografia di un momento che è passato. Non ci sono le condizioni per eleggere un PdR che non sia Mattarella. Siamo in una situazione di estrema fluididità, occorrerebbe una soluzione come fu per Napolitano. Forzare su Draghi è un rischio per la tenuta del Paese e per compiere quella svolta che per la prima volta è a un passo da noi. Quasta volta c’è la possibilità. Si stanno creando le condizioni per una scomposizione e una ricomposizione su basi moderate del quadro politico. Manteniamo i nervi saldi e andiamo avanti. Possiamo farcela.

  2. Massimo Ricciuti

    Concordo totalmente con l’analisi di Caludio Velardi! Siamo in una fase di “transizione permanente”, occorre essere nel movimento delle cose, i numeri e la formazione dell’attuale Parlamento sono una fotografia di un momento che è passato. Non ci sono le condizioni per eleggere un PdR che non sia Mattarella. Siamo in una situazione di estrema fluididità, occorrerebbe una soluzione come fu per Napolitano. Forzare su Draghi è un rischio per la tenuta del Paese e per compiere quella svolta che per la prima volta è a un passo da noi. Quasta volta c’è la possibilità. Si stanno creando le condizioni per una scomposizione e una ricomposizione su basi moderate del quadro politico. Manteniamo i nervi saldi e andiamo avanti. Possiamo farcela.

  3. Giorgio Tino

    Concordo totalmente con l’analisi, come sempre brillante, di Velardi!

  4. Giorgio Tino

    Concordo totalmente con l’analisi, come sempre brillante, di Velardi!

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