Per fatto personale

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Nel momento in cui – domenica sera – sto per iniziare un placido, casalingo burrachino, mi chiama un amico per comunicarmi che ci sono anche io, nella lista degli “spiati” di Perugia. O meglio, prima mi chiede di attivare non so quale diavoleria di chat riservatissima e autodistruggente su Telegram e lì, al riparo da orecchie indiscrete (rido da solo), mi informa del fattaccio che sta mettendo in subbuglio la Capitale. Mentre cerco di andare a pozzetto per vincere almeno una mano di una serata sfortunata, nel triangolo delle Bermude della chiacchiera romana centinaia di giornalisti lobbisti comunicatori curiosoni vari vanno in cerca del Grande Pozzo di Perugia: l’elenco degli 800, gran segreto assolutamente non rivelabile domenica, da ieri – ovviamente – di pubblico dominio.

Niente di nuovo, ma stavolta con una variante grottesca. Perché le agenzie hanno scritto – se ho capito bene – che le interrogazioni illegali di Striano in tre anni sono state più di 5000, di cui circa 800 “scremate”. Ma i nomi che oggi compaiono sui giornali (140, tra cui il mio), sono quelli spiati illegalmente e che diventeranno capi di imputazione nei confronti di Striano. Per questo motivo, in omaggio alla sacralità del rispetto delle procedure (!!!) di questo paese, stamattina viene fuori il mio nome. In sintesi: Striano mi ha spiato illegalmente, ora lo Stato per mio conto lo sta accusando (grazie mille, signor Stato…), intanto sui giornali ci finisco io. E chiunque non sia del tutto un imbecille capisce che cosa accade, in questi casi. Da stamattina la gente mi chiama chiedendo “oh, ma che sta succedendo?” e io sono costretto a spiegare una cosa che non conosco e non so spiegare. Il danno e la beffa, in sostanza.

L’unica conclusione possibile (al di là delle ombre – quelle sì inquietanti – che si stagliano sul funzionamento del nostro deep state, e non da oggi) è che siamo e resteremo un paese da operetta. Perché, come sempre, tutto finirà in una bolla di sapone, tra rimpalli di responsabilità e accuse reciproche tra i politici. Con i cittadini messi in mezzo a cazzo di cane.