La sinistra e gli operai

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“La lingua batte dove il dente duole”, recita l’antico detto. Così ieri Massimo D’Alema è tornato su un tema che gli sta molto a cuore, ri-battezzando Giuseppe Conte come leader dei lavoratori e della povera gente: “È un progressista votato da operai e persone in difficoltà, molto più del Pd”. All’incirca lo stesso concetto che espresse nel 1995, quando disse che la Lega era “una costola della sinistra” e quindi bisognava dialogarci (successivamente smentì la frase, aspettiamo ancora un po’ e farà lo stesso con la frase pronunciata ieri…).

In realtà, però, il cruccio trentennale di D’Alema riflette una verità incontestabile. Prima la Lega, e poi via via tutti (tutti) gli altri soggetti della politica italiana, da tempo immemorabile hanno preso il vizio di scorrazzare nei territori dei lavoratori e dei non garantiti, cui la sinistra non è più in grado di parlare, essendo diventata sempre più il luogo reale e simbolico della gestione del potere, del politicamente corretto spinto all’estremo, dei diritti delle minoranze, e null’altro che questo. Il PD rappresenta ormai – anche nella fisicità dei suoi dirigenti, nei loro comportamenti e stili di vita, nei linguaggi utilizzati – un mondo distante e lontano dalla cosiddetta “povera gente”.

Posto che poi questa categoria abbia un senso, così espressa. Senso che invece non ha, perché l’errore di fondo di D’Alema, e di tutti quelli che a sinistra si affannano a rincorrere gli “svantaggiati”, è proprio quello di pensare che la collocazione degli elettori sia piattamente determinata da fattori sociologici, e che da ciò derivi l’adesione a questa o quella piattaforma di partito (e la loro, per missione originaria, sarebbe quella giusta).

Andrebbero informati, i dirigenti di quel partito, che non è più così da molto tempo. E non solo nei fatti (basta scorrere ogni tabella possibile e immaginabile per scoprire che nella composizione ormai strutturale dell’elettorato di sinistra, sono ampiamente maggioritari i ceti abbienti, i laureati, i professionisti etc…), ma nel profondo, perché la società si è trasformata, non si orienta più per appartenenza a “classi sociali”, ma per un insieme sfuggente di interessi particolari, passioni temporanee, flussi limitati di coscienza, stili di vita individuali, rincorsa affannosa di trend. Cui la politica può solo rispondere con fortissimi investimenti simbolici, poche issues e non vaghe, creazione di nuove leadership, etc… Sto dicendo cose ovvie, mi rimproverete. Lo so, ma qualcuno le faccia capire al buon D’Alema e a tanti altri…

Nel frattempo, dichiarando battendosi il petto che sono gli altri a parlare alla “povera gente“, la sinistra inciampa nella più banale delle profezie che si autoavverano. “Lo dicono anche loro che sono distanti dalla gente normale. Allora sarà proprio così, la nostra sensazione è giusta… – sembrano dire coloro cui la sinistra si rivolge piagnucolando – Conte sì che invece protegge gli operai e le persone in difficoltà, l’ha detto pure D’Alema…”. Che disastro che sei, cara la mia sinistra.