Elly nelle sabbie mobili

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Elly Schlein non potrebbe essere più distante da me, per età, biografia, cultura politica. E, a pelle, non mi ispira simpatia. Rimanda freddezza e distanza, anche solo a guardarla da uno schermo, con quegli occhi sempre sbarrati che vigilano preoccupati su un mondo che lei percepisce sconosciuto e tendenzialmente ostile, da cui cerca di difendersi come può: con dichiarazioni algide e formali, posture rigide, sorrisi stereotipati.

Eppure in queste ore è impossibile non solidarizzare con lei. Dopo 10 mesi di leadership formale esercitata in un luogo inospitale ma innocuo, ora è nei pressi di un territorio a lei ignoto, che può esserle letale. Alle prese, in contemporanea, con complesse questioni di politica estera da sbrogliare, liste da formare, notabili da accontentare, sta sperimentando che cosa vuol dire mettere anche solo un piede nelle sabbie mobili del PD.

Chiunque sa, magari per avere visto qualche filmaccio terrorizzante, come funzionano le sabbie mobili. Apparentemente sembrano terreni solidi, di cui però scopri l’instabilità strutturale non appena ci finisci dentro, perché composti di una massa di sabbia, argilla e sale intrisa d’acqua incapace di sostenere pesi. Un gel idrocolloidale, questa la definizione fisica, che tende a liquefarsi quando “disturbato”. Così che il corpo estraneo, ad ogni movimento che compie, viene risucchiato e affonda progressivamente.

È la descrizione perfetta del PD. Un corpaccione inerte che – a guardarlo da lontano, immobile e grigio – ti appare sodo e consistente; ma, come ci entri dentro, ti trascina nella sua melma, senza possibilità di salvezza. Lo sanno tutti quelli che hanno visto materializzarsi l’incubo: i 9 segretari che hanno preceduto la Schlein e chiunque abbia tentato dall’interno di bonificare la palude, di piantarvi un fiore, di generare un soffio vitale.

Ci si salva dalle sabbie mobili in un solo modo. Assumendo quella che da bambini, alle prese con i primi bagni di mare, ci insegnavano come la posizione del “morto”: distesi pancia all’aria e braccia aperte, immobili, cercando di farsi leggerissimi, assenti, facendosi trasportare solo dai piccoli moti ondosi dell’acqua. È il comportamento ideale per sopravvivere nel PD, l’unico partito al mondo che prende vita solo quando è minacciato nella sua esistenza. Ma non so è un comportamento da consigliare o augurare a una ragazza di 38 anni che, al suo arrivo, pareva voler rivoltare la sinistra italiana come un calzino.