Guardarsi la pancia (e mettersi a dieta)

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Quando prendo qualche chilo, per prima cosa cerco di nasconderlo agli altri (immaginando che gliene freghi qualcosa) indossando indumenti più larghi, e a me stesso, evitando gli specchi. Sono miseri accorgimenti che lasciano il tempo che trovano, come le altre scuse che vado accampando: mi dico che ci vorrà un attimo a tornare al peso forma (falso, con l’età il rientro è difficile e faticoso), che dimagrire mette stress (falso, è lo stress che ci ingrassa); l’estremo, penoso espediente è spostare la bilancia da un punto all’altro del pavimento, sperando che mi dia risultati diversi e confortanti. Faccio i conti con la realtà amara solo quando prendo coraggio e mi guardo allo specchio: allora inorridisco, stringendo nelle mani flaccidi rotoletti di adipe, scrutando le inedite, grasse pieghe di un corpo che invecchia male. A quel punto, finalmente, lo sguardo nello specchio passa dalla pancia al volto, e mi dico: ok, è venuto il momento di intervenire, mettiamoci seriamente a dieta e cerchiamo di perdere sti due chiletti di troppo (sì, di questo parliamo, non di una tragedia epocale. E non mi dite che sono un pazzo maniaco, me lo ripeto continuamente da solo).

Se dalla mia pancia passiamo alla famosa pancia del paese il problema nella sostanza non cambia. Le cronache degli ultimi anni sono piene di rotoletti e pieghe: insorgenze antivax, campagne e strepiti contro gli immigrati, spinte alla pistola facile, offensive contro diritti di civiltà, fino ai no-tutto e ai terrapiattisti. Umori e pulsioni che, in prima istanza, preferiamo non vedere: ci voltiamo dall’altra parte se un nostro simile insulta un extracomunitario in metro, rinunciamo a controbattere quando, a cena con amici, sentiamo qualcuno inveire contro Big Pharma. Quando poi sentimenti e credenze maligne finiscono di incubare, si diffondono e diventano epidemie, saliamo sulla torre eburnea del giudizio e tiriamo fuori il cartellino rosso, espellendo dal consesso civile i reprobi. Finendo a combattere la pancia degli altri con la pedagogia sprezzante dei professori, con lo ius soli brandito come ideologia, con le manifestazioni delle ultras del femminismo, con il disprezzo esibito verso chi invoca sicurezza. Mentre la nostra pancia resta ben nascosta nei piccoli opportunismi quotidiani e nella viltà civile di (quasi) tutti.

Tutto ciò fino a quando non irrompe sulla scena una realtà nuova, forse generata proprio dal rumore fastidioso ed eccessivo delle guerre di latta tra élites e populisti. Sono le cronache ultime a dircelo: gli italiani ricominciano a vaccinare i propri figli, due ragazzini figli di immigrati diventano eroi nazionali, due militari donne (militari!) festeggiano la loro unione civile.

E dunque: dateci tanti estremisti urlanti (di governo e di lotta), tante Verona, tanti antitutto. Più forte è il rumore che producono, prima e con maggiore consapevolezza gli italiani la smetteranno di rimuovere, decideranno di guardarsi schiettamente la pancia per mettersi finalmente a dieta. E vivere meglio (questo ve lo garantisce il sottoscritto…).