Silent party

Ho molti dubbi sull’utilità dell’ideuzza delle cuffie silent party, esibite ieri da Elly Schlein in una iniziativa di partito. Il motivo è banale, cerco di dirlo nella maniera più semplice: qualunque trovata comunicativa risulta attaccaticcia, posticcia, finta, quando un leader politico ha problemi più seri da risolvere (nel caso della Schlein: contenuti spesso vaghi, linguaggio poco chiaro, postura rigida e distante, scarsa empatia in generale). In altre parole: anche la più eccentrica delle pensate funziona quando il tuo profilo è definito, rotondo e in ascesa, rischia di essere un boomerang in caso diverso. Per chiarire ulteriormente. Qualche settimana fa Vespa intervistò l’una dopo l’altra Meloni e Schlein in uno speciale sulla mafia. In quella circostanza la segretaria del PD mi convinse. Parlava con chiarezza, dicendo cose concrete, mi dette l’impressione di avere studiato le cose da dire. Aveva lavorato sui contenuti, senza dubbio, e li aveva espressi con efficacia: quello che una leader con i problemi di cui sopra deve sempre fare, senza farsi ossessionare dalla comunicazione. Che serve – come ripeto, ormai, con una certa ossessione, quando è a sostegno di contenuti solidi. Altrimenti fa solo danni.