Letta nella stanza dei giochi

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Di Enrico Letta si sa tutto. Per essere un politico, l’uomo è sufficientemente limpido, indubbiamente preparato, ha un approccio moderato e gradualista ai problemi, studia (e questa è sempre una buona notizia). Conosce le astuzie e le insidie della politica, ma esibisce una naïveté che non allarma e non insospettisce, e che lui utilizza ormai da decenni con sapienza per varcare indenne i marosi della volubile opinione pubblica. Difficilmente toccherà picchi di popolarità, ma non attirerà mai odi profondi e radicali. Nell’insieme appare la persona giusta per ridare ossigeno ad un partito smarrito e senza identità, che non sia quella del potere che occupa con inesausta costanza, a dispetto dei suoi andamenti elettorali.

Ma la cosiddetta identità di un partito non si misura nei discorsi o nelle dichiarazioni di intenti. L’identità di un partito è nella sua funzione, nel ruolo politico che svolge, non nel bla bla – veramente insopportabile anche perché uguale a sé stesso da un trentennio – del ritorno ai militanti, del dialogo con i territori, dell’unità interna coatta. Così come un detergente per parquet si sceglie per come pulisce un pavimento, a un partito si dà fiducia per le risposte ai problemi, non se diffonde volantini.

Su questo piano, ieri Letta ha posizionato il suo prodotto in modo inequivoco: “Il governo Draghi è il nostro governo“. Ma da oggi, per venderlo, dovrà farlo digerire all’intero suo gruppo dirigente, dove le vedove inconsolabili di Conte abbondano. Per poi schierare attivamente l’intero esercito nelle battaglie campali che il governo Draghi dovrà combattere (pandemia, misure per lo sviluppo, PNRR, riforme della giustizia, della PA, etc…): le sole medaglie da appuntarsi in petto, quando la guerra sarà vinta. Al momento non ci sono altri temi sul tappeto. Perché le proposte che ieri Letta ha tirato fuori dal cassetto dei desideri (voto a 16 anni, ius soli, lotta al trasformismo parlamentare, riforma dell’art. 49 della Costituzione, etc…) possono scaldare il cuore ai militanti, ri/costruire un’identità posticcia e ideologica alzando barricate nei confronti dei nemici. Ma sono fuori agenda. E, in quanto tali, non sono identità vera, non sono fatte di carne e sangue.

Più in generale, l’impressione è che oggi tutti i partiti (non solo il Pd) vivano dentro questa specie di stanza dei giochi. Mentre il governo di casa Italia pensa alle cose serie, loro parlano d’altro, fanno la voce grossa, mostrano i muscoli e gonfiano il petto, si esercitano in combattimenti di wrestling, ma sui problemi reali non toccano palla. E’ auspicabile che Enrico Letta, che fu l’uomo di governo più giovane d’Italia, non diventi mai partecipe di questa pantomima.

Questo articolo ha un commento

  1. nicola

    ottimo!

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