Avvocato, due governi possono bastare

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Una mia intervista a Italia Oggi. Buona lettura.

“Conte paga l’inefficienza della sua azione di governo, ha gestito l’epidemia senza una strategia, essenzialmente a colpi di lockdown e ristori a chi chiudeva. Ma per fare questo basta avere i soldi. Per governare serve altro”. Claudio Velardi, esperto di comunicazione, saggista e blogger, nella sua carriera ha alternato politica (Pci e Ds) e giornalismo, e di crisi ne ha viste tante: «Giuseppe Conte deve farsi da parte. È il capo artificiale di una maggioranza creata a tavolino. Pd e M5s troveranno un nuovo punto di equilibrio». Quanto conta una buona comunicazione in politica? «È un errore pensare che la comunicazione conti così tanto da decidere le sorti politiche. È l’errore che ha fatto Berlusconi, lo ha fatto Renzi. E ora pure Conte che si affida al bravo Casalino. Ma i processi politici sono un’altra cosa».

Domanda. Conte sembrava imbattibile, in una botte di ferro. Ora ci ritroviamo in una crisi di governo che doveva essere pilotata verso un Conte ter e invece non si sa dove porterà. Cosa è successo?

Risposta. Al centro della crisi c’è Giuseppe Conte, non va nascosto: ci sono le sue pratiche, i suoi metodi di governo che sono dilatori, tipici di chi non è in grado o non sa decidere.

D. Fa riferimento a cosa? Al decreto sul Coni adottato all’ultimo minuto dell’ultimo giorno di governo?

R. Faccio riferimento a tutto. Ha gestito l’epidemia senza una strategia, essenzialmente a colpi di lockdown e ristori a chi chiudeva. Ma per fare questo basta avere i soldi. Per governare, pianificare investimenti e sviluppo o rivedere un sistema sanitario, serve altro. Il non decidere è il metodo di governo di Conte, che non dipende da una sua specifica incapacità – tengo a precisarlo – ma dal fatto che politicamente è figlio di nessuno ed è costretto per sopravvivere a galleggiare e quindi a non prendere decisioni.

D. Conte era premier anche durante il Conte 1. Immobilismo anche in quel caso?

R. Allora per lui era più facile prendere decisioni perché era espressione di una maggioranza chiara, retta da un contratto di governo, erano scelte – penso a Quota 100, al reddito di cittadinanza, ai decreti sicurezza – che a me non piacevano, ma erano espressione di una politica. Con il Conte 2 il governo non si è proprio visto, piattaforme zero.

D. Il Conte 2 è stato il governo che ha dovuto fare i conti con l’epidemia. E guardando a quello che hanno fatto altri paesi europei non si può dire che tutti se la stiano cavando meglio di noi. O no?

R. No, l’alibi della pandemia non regge. E purtroppo i numeri non dicono che abbiamo fatto meglio di altri. E poi, il punto è che anche prima della pandemia non c’è stata una sola decisione strategica o di indirizzo presa dal Conte 2.

D. Il Conte 2 è nato ad opera di Matteo Renzi, lo stesso che poi ne ha decretato la fine.

R. La manovra di Renzi per scalzare Matteo Salvini è stata azzeccata. L’operazione anti Papeete fu condotta benissimo. Il limite  è stato lasciare lì Conte, serviva un nuovo premier già allora.

D. Conte sembra essere l’unico punto di equilibro possibile per tenere assieme un Movimento5stelle frammentato  e l’alleanza con il Pd.

R. Se Conte si fa da parte, troveranno un altro punto di equilibrio, nessuno vuole andare a votare. E’ anche possibile che si riesca a fare con un manipolo di responsabili un Conte ter, ma sarà un governo estremamente debole e rabberciato. La verità è che c’è in giro una grandissima e generalizzata ipocrisia. Nessuno lo dice ma Conte è la causa prima della crisi del suo governo, in quanto capo artificiale di una coalizione creata a tavolino.

D. Un Conte ter con Italia viva o no?

R. Mah, nel caso dovrebbe cambiare tantissimo: squadra, metodi di governo, soprattutto dovrebbe darsi un programma, tanto più ambizioso perché al centro ci sarà il Recovery Plan, la fuoriuscita dalla pandemia. Dubito che sia possibile. Se poi intende andare avanti con i responsabili, auguri! Altrimenti, qualcuno dovrà dirgli che la sua stagione è finita. Ripeto, non ho niente contro di lui. Semplicemente, ha avuto una funzione di gestione di una qualche utilità nella prima fase della legislatura, con il governo giallo-verde, poi non più. Il bilancio del Conte 2, questo è il punto di fondo, è assolutamente deficitario.

D. Sono le critiche di Renzi, queste.

R. Sono anche le critiche del Pd, che usa Renzi come alibi, come copertura. E’ un facile alibi che usa anche Di Maio, che ieri ha detto che Renzi vuole metterlo contro Conte.

D. Il ritorno al voto può essere una prospettiva?

R. Nessuno vuole andare a votare, il Pd non ha fatto un passo avanti in questi mesi, nei sondaggi ha un paio di punti in più rispetto al 2018, praticamente niente. Il M5s se va al voto gli va bene se dimezza i voti. Conviene a tutti attrezzarsi per trovare un nuovo equilibrio, e quindi un nuovo premier.

D. Conte potrebbe farsi un partito dal 15-16%. Voti che toglierebbe proprio a Pd e M5s.

R. Ma figuriamoci, testare in astratto un partito che non esiste e quando non ci sono elezioni è un esercizio demenziale, una trovata di marketing da quattro soldi.

D. Quale è stato l’errore principale di Conte nella gestione della crisi?

R. Conte ha fatto un errore tattico madornale, non andare a dimettersi subito, prima ancora della conferenza stampa di Renzi che annunciava l’astensione sulla fiducia. Probabilmente sarebbe stato rimesso in pista e avrebbe spuntato l’arma della sfiducia di Italia Viva. È stato il tipico l’errore di chi non conosce e non pratica la politica e si affida alla comunicazione.

D. Quanto conta oggi la buona comunicazione in politica?

R. Conta sempre meno, i politici non vogliono ficcarselo in testa. E’ un errore pensare che la comunicazione conti così tanto da decidere le sorti di una politica o di un paese. È un errore che fece a suo tempo Silvio Berlusconi, è l’errore cha ha fatto Renzi, che pure è l’unica testa politica che abbiamo in Italia. Finquando ha fatto politica era vincente, poi si è fatto prendere la mano dalla comunicazione e ha sbagliato, ha rotto il patto del Nazareno e si è visto come è finita. Ma tutti fanno questo errore. Ci ricordiamo di Mario Monti, quella persona preparata e perbene che ci ritrovammo con un cagnolino in braccio in un talk show? Conte ha fatto lo stesso, si è affidato al bravo Rocco Casalino pensando che la comunicazione potesse risolvere ogni problema. Ma i processi politici sono tutta un’altra cosa.