Blockchain e partiti

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:POV

In una lettera al Washington Post, Davide Casaleggio scrive: Rousseau (la piattaforma on line M5S) non si fermerà qui. Stiamo già lavorando a nuovi progetti. Uno su tutti quello di applicare tecnologie di blockchain al voto: ciò consentirà una certificazione distribuita di tutte le votazioni online e un meccanismo di voto più solido. Ma immaginiamo anche un percorso di selezione meritocratico attraverso la Rousseau Open Academy che ci assicura di schierare candidati di altissima qualità…”.

Nella sua sesquipedale ignoranza, la stampa politica italiana non ha raccolto neppure di striscio il riferimento di Casaleggio alla tecnologia blockchain, e al suo possibile utilizzo in politica. E dunque proviamo noi a spiegare in parole semplici che cos’è questa catena di blocchi, definita da l’Economist la “prossima grande rivoluzione”. E proviamo a capire se può servire alla politica.

La blockchain è, in sostanza, un grande libro mastro distribuito tra i membri di una comunità, che sfrutta la tecnologia peer-to-peer per la gestione di transazioni o per scambi di informazioni. Il libro mastro è organizzato come una catena:

  • strutturata in un archivio ordinato per blocchicontenenti ognuno più transazioni/informazioni;
  • in cui ogni transazione/informazione avviata è validata dalla stessa rete nell’analisi di ciascun singolo blocco;
  • che consente a ogni singolo membro di vedere, controllare e approvare ogni altro movimento;
  • che crea quindi una rete contenente su ciascun nodo l’archivio dell’insieme della catena, dunque di tutti i blocchi con tutte le transazioni/informazioni svolte.

Il sistema blockchain è – al momento, fino a prova contraria –  sicuro: condiviso, decentralizzato, distribuito e criptato con precise regole di sicurezza. È basato sul consenso: è un archivio che può essere modificato solo con il consenso di tutti i partecipanti. È immutabile, perché in grado di garantire l’incorruttibilità di tutte le informazioni. È aperto e trasparente: tutti possono vedere tutto, e in qualsiasi momento.

Orizzontale, aperto, trasparente, distribuito. Un sistema che sta trovando applicazione in tanti settori: transazioni finanziarie, ambiente, energia, automotive, e persino terzo settore.

L’intuizione giusta di Casaleggio è utilizzarlo in politica. La (gigantesca) contraddizione di Casaleggio è  che il funzionamento intrinseco della catena impedisce un controllo dall’alto, e quindi quella selezione dall’alto del personale politico che Casaleggio vuole perseguire secondo principi che sono robespierriani più che rousseauiani, più vicini alle pratiche di Kim Jong Un che al mito della democrazia dal basso. Insomma, nella blockchain chiunque può diventare un nodo della rete, nessuno può controllare chi entra. E dunque, delle due l’una: o la blockchain o le liste fatte e disfatte a piacimento nella sede di Casaleggio&Associati.

Ma i partiti dovrebbero cogliere il buono della proposta di Casaleggio, e sfidarlo. C’è un partito in grado di organizzarsi – e finanziarsi – secondo i principi di una blockchain? Capace di diventare una piattaforma digitale di partecipazione autonoma, individuale e spontanea, non più artificiosamente “collettiva” o risultato del vecchio “reclutamento” politico? Pronta a elaborare davvero sulla rete le sue proposte, la sua piattaforma e a reclutare su vere basi di consenso i propri gruppi dirigenti? Casaleggio, come abbiamo visto, ci marcia. Usa la blockchain come fumo negli occhi per riproporre un sistema autocratico di gestione della macchina a cinquestelle. Se il Pd non discutesse come dopo le prime sconfitte degli anni ’80, potrebbe misurarsi con la sfida. Ma ci vorrebbero altre persone a proporla. Ci vorrebbe gente che studia, che legge libri, che vive nel mondo contemporaneo. Non burocrati stanchi, che parlano una lingua morta e inseguono pensieri dell’altro secolo. Peccato.

Questo articolo ha 5 commenti

  1. Michele

    Se ho capito bene è lo stesso mezzo che usano per i Bitcoin! Se così fosse diffiderei fino alla morte di un sistema che se funzionasse sarebbe, in teoria,
    inattaccabile, ma, viste le paurose oscillazioni dei Bitcoin, non ci potrà garantire una maggiore linearità nella gestione della Politica.

    1. Decagrog

      Certo è la tecnologia su cui si basa bitcoin così’ come le altre circa 1500 criptovalute attualmente in circolazione, ma la creazione di una valuta decentralizzata (appunto bitcoin come molte altre) è solo una delle infinite applicazioni della tecnologia blockchain e tali applicazioni sono layer indipendenti che non hanno alcuna influenza fra di loro.

      In ogni caso il termine Bitcoin con l’iniziale maiuscola si riferisce alla tecnologia e alla rete, mentre bitcoin minuscolo si riferisce alla valuta in sé.

  2. Nicola De Simone

    Ottimo spunto di riflessione! Nel mentre mi prometto di rifletterci, ne condivido, intanto e pienamente, le conclusioni!

  3. Andrea

    Il panorama politico italiano é indubbiamente arretrato e gli unici che sono apparentemente aggiornati per lo meno nel linguaggio sono proprio i cinquestelle. Concordo con te che poi utilizzano a proprio vantaggio il know how mascherandolo da “uno uguale uno”. Niente altro all’orizzonte visto che Renzi ci ha provato senza successo, almeno per ora. Il mondo vive la transizione “da possesso ad accesso” senza esserne consapevole e l’Italia é certamente tra i paesi più legati alla proprietà e quindi resistente alla sharing economy. Ma i giovani e giovanissimi dettano legge in tal senso e la struttura sociale che costruiranno loro sarà quella, che la politica lo voglia o no…o meglio trasformando anche la politica come da te auspicato.

  4. Andrea

    Il panorama politico italiano é indubbiamente arretrato e gli unici che sono apparentemente aggiornati per lo meno nel linguaggio sono proprio i cinquestelle. Concordo con te che poi utilizzano a proprio vantaggio il know how mascherandolo da “uno uguale uno”. Niente altro all’orizzonte visto che Renzi ci ha provato senza successo, almeno per ora. Il mondo vive la transizione “da possesso ad accesso” senza esserne consapevole e l’Italia é certamente tra i paesi più legati alla proprietà e quindi resistente alla sharing economy. Ma i giovani e giovanissimi dettano legge in tal senso e la struttura sociale che costruiranno loro sarà quella, che la politica lo voglia o no…o meglio trasformando anche la politica come da te auspicato.

I commenti sono chiusi.