Perché votare nel 2018

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Dal 1994 al 2013, votando con due sistemi elettorali (Mattarellum e Porcellum) imperfetti e sbilenchi ma grossomodo maggioritari, abbiamo sperimentato in Italia una perfetta alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Anche nell’attuale legislatura – sia pure in condizioni strutturalmente cambiate per l’avanzata di Grillo – il centrosinistra ha sostituito il vincitore delle elezioni precedenti, producendo tre governi e un serio incidente di percorso (il referendum del 4 dicembre). E’ facile immaginare che la tradizione possa valere al prossimo giro, presumibilmente a favore del M5S, soprattutto se il centrosinistra (il Pd) si aiuterà a ben morire.

La novità è che – dopo la sentenza di ieri della Corte, e al netto di un improbabilissimo accordo tra i partiti su una nuova legge – cambia la cornice del prossimo confronto elettorale. Non si competerà per il governo, ma ci si conterà. A ognuno i suoi voti, in una logica schiettamente proporzionale. Poi si vedrà. In sostanza, e con termini più nobili: fallito il 4 dicembre scorso l’estremo, generoso tentativo di garantire e rafforzare la governabilità del sistema, la sfida da raccogliere, per chiunque, sarà ricostruire nuove, adeguate ragioni della propria rappresentanza.

Di qui due semplici questioni, che pongo al Pd e al suo segretario, giusto per evitare che la tradizione si perpetui, consegnando di qui a poco le chiavi del paese ai populisti.

La prima riguarda la legislatura in corso. Come verrà giudicata dagli elettori, quando saranno chiamati alle urne? Come una sequela di fallimenti, inevitabilmente targati Pd (governi caduti e referendum andati male)? Se la si dà per morta, finita, da chiudere al più presto, è evidente che sarà considerata così. Sarà lo stesso Pd ad archiviare negativamente tre anni di buongoverno e la loro prosecuzione in altre forme (visto che il governo Gentiloni ha lo stesso programma e le stesse persone del governo Renzi), creando i presupposti della sua sconfitta elettorale. Ha senso farlo? Io penso che sia più intelligente muoversi su una linea totalmente alternativa, che rivendichi e rafforzi l’operato dei governi Renzi e Gentiloni, portando a termine la legislatura, e a quel punto proponendo agli italiani un bilancio serio del lavoro fatto. Il segretario del Pd – a mio avviso – dovrebbe muoversi su questa linea, affiancando il governo nel dipanare i complessi nodi che ha di fronte (Europa, immigrazione, legge di bilancio, completamento delle riforme avviate). Valorizzando le tante cose importanti che lui stesso ha messo in moto da palazzo Chigi.

La seconda questione riguarda l’annoso tema del partito. Se al centro del voto ci sarà la rappresentanza e non la governabilità, ne deriva che il focus dell’attenzione del segretario del Pd dovrà spostarsi subito verso la selezione della classe dirigente e verso i territori. Individuando e promuovendo persone all’altezza, inventando nuove forme di aggregazione e di organizzazione. Non sarà semplice. Renzi è nato come leader nel maggioritario, deve reinventarsi leader nel proporzionale. Dovrà dare più valore alle squadre, maturare una maggiore sensibilità verso il dialogo con gli altri, (ri)costruire solide basi in gran parte del territorio nazionale. Una prova di leadership più ardua, ma che può dare risultati anche più strutturali e duraturi.

Per quello che mi riguarda, da queste due banali considerazioni derivo la conclusione che bisogna andare a votare nel febbraio del 2018, alla scadenza della legislatura. Il segretario del Pd dovrà prendersi il massimo del tempo a disposizione per valorizzare l’attività del governo e costruire una nuova classe dirigente. Respingendo con serenità e freddezza gli attacchi (saranno massicci, beceri, volgari) che verranno dai fautori del voto anticipato. L’obiettivo di sconfiggere i populisti non è irrealizzabile. Va solo rimodulato nelle diverse condizioni che si sono create.

Questo articolo ha 8 commenti

  1. Paolo Ferrario

    L’ha ribloggato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZIe ha commentato:
    Dal 1994 al 2013, votando con due sistemi elettorali (Mattarellum e Porcellum) imperfetti e sbilenchi ma grossomodo maggioritari, abbiamo sperimentato in Italia una perfetta alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Anche nell’attuale legislatura – sia pure in condizioni strutturalmente cambiate per l’avanzata di Grillo – il centrosinistra ha sostituito il vincitore delle elezioni precedenti, producendo tre governi e un serio incidente di percorso (il referendum del 4 dicembre). E’ facile immaginare che la tradizione possa valere al prossimo giro, presumibilmente a favore del M5S, soprattutto se il centrosinistra (il Pd) si aiuterà a ben morire.

    La novità è che – dopo la sentenza di ieri della Corte, e al netto di un improbabilissimo accordo tra i partiti su una nuova legge – cambia la cornice del prossimo confronto elettorale. Non si competerà per il governo, ma ci si conterà. A ognuno i suoi voti, in una logica schiettamente proporzionale. Poi si vedrà. In sostanza, e con termini più nobili: fallito il 4 dicembre scorso l’estremo, generoso tentativo di garantire e rafforzare la governabilità del sistema, la sfida da raccogliere, per chiunque, sarà ricostruire nuove, adeguate ragioni della propria rappresentanza.
    ….
    penso che sia più intelligente muoversi su una linea totalmente alternativa, che rivendichi e rafforzi l’operato dei governi Renzi e Gentiloni, portando a termine la legislatura, e a quel punto proponendo agli italiani un bilancio serio del lavoro fatto

  2. Paolo Ferrario

    L’ha ribloggato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZIe ha commentato:
    Dal 1994 al 2013, votando con due sistemi elettorali (Mattarellum e Porcellum) imperfetti e sbilenchi ma grossomodo maggioritari, abbiamo sperimentato in Italia una perfetta alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Anche nell’attuale legislatura – sia pure in condizioni strutturalmente cambiate per l’avanzata di Grillo – il centrosinistra ha sostituito il vincitore delle elezioni precedenti, producendo tre governi e un serio incidente di percorso (il referendum del 4 dicembre). E’ facile immaginare che la tradizione possa valere al prossimo giro, presumibilmente a favore del M5S, soprattutto se il centrosinistra (il Pd) si aiuterà a ben morire.

    La novità è che – dopo la sentenza di ieri della Corte, e al netto di un improbabilissimo accordo tra i partiti su una nuova legge – cambia la cornice del prossimo confronto elettorale. Non si competerà per il governo, ma ci si conterà. A ognuno i suoi voti, in una logica schiettamente proporzionale. Poi si vedrà. In sostanza, e con termini più nobili: fallito il 4 dicembre scorso l’estremo, generoso tentativo di garantire e rafforzare la governabilità del sistema, la sfida da raccogliere, per chiunque, sarà ricostruire nuove, adeguate ragioni della propria rappresentanza.
    ….
    penso che sia più intelligente muoversi su una linea totalmente alternativa, che rivendichi e rafforzi l’operato dei governi Renzi e Gentiloni, portando a termine la legislatura, e a quel punto proponendo agli italiani un bilancio serio del lavoro fatto

  3. A questo punto occorre davvero quello scatto di reni che sinceramente non c’è ancora stato. Concordo con l’ipotesi di andare al voto nel 2018, ma c’è bisogno davvero di una visione chiara e orgogliosa che comunichi in modo netto cosa sia essere riformisti.
    Un bagno nel passato servirà a ridefinire il Pd sui territori, ma bisogna ripartire dallo spirito dei comitati per il SI che hanno davvero innovato e radicato la presenza sui territori e implementato la partecipazione.
    Cosa che non accadeva da decenni!
    Quello spirito potrebbe permettere almeno di essere competitivi.
    Battere i populisti bisogna scordarcelo? Non credo!
    Se riusciamo a imporre issues in “agenda setting” possiamo almeno provarci!
    Come? Rivendicando l’azione dei governi Renzi e Gentiloni, riformulando il linguaggio, selezionando una vera e alta classe dirigente tenendo d’occhio però all’obiettivo sporco e fondamentale di mettere in lista persone in grado di intercettare voti. La politica non è cosa da verginelle! E’sangue e merda!
    E il Pd c’è li ha entrambi!

  4. A questo punto occorre davvero quello scatto di reni che sinceramente non c’è ancora stato. Concordo con l’ipotesi di andare al voto nel 2018, ma c’è bisogno davvero di una visione chiara e orgogliosa che comunichi in modo netto cosa sia essere riformisti.
    Un bagno nel passato servirà a ridefinire il Pd sui territori, ma bisogna ripartire dallo spirito dei comitati per il SI che hanno davvero innovato e radicato la presenza sui territori e implementato la partecipazione.
    Cosa che non accadeva da decenni!
    Quello spirito potrebbe permettere almeno di essere competitivi.
    Battere i populisti bisogna scordarcelo? Non credo!
    Se riusciamo a imporre issues in “agenda setting” possiamo almeno provarci!
    Come? Rivendicando l’azione dei governi Renzi e Gentiloni, riformulando il linguaggio, selezionando una vera e alta classe dirigente tenendo d’occhio però all’obiettivo sporco e fondamentale di mettere in lista persone in grado di intercettare voti. La politica non è cosa da verginelle! E’sangue e merda!
    E il Pd c’è li ha entrambi!

  5. tramatlantico

    Le valutazioni di Velardi sono del tutto irrealistiche. Sembrano essere sensate ma si pongono fuori dall’onda delle cose. 8 mesi di campagna referendaria hanno lasciato il segno, hanno mobilitato il Paese, fatto una gigantesca lezione di educazione civica a tutti. Questo dibattito di dimensioni numericamente immani e inaudito per la complessità dei temi toccati a livello tanto popolare ha consegnato Forza Italia, Fratelli d’Italia, I Bersaniani alla storia. Non vederlo è impossibile. Crede che il propozionale sia occasione di una rinascita per queste propaggini? Non sarà così. La semplice esistenza del premio di maggioranza scatenerà logiche di sostanza non proporzionale, lotte esisziali, e sopratutto la destrutturazione ideologica dell’offerta politica. Ci sarà una corsa al centro con proposte fattuali e concrete. In questo schema Renzi è il più avanti ha una piattaforma molto ben promossa, su cui 13 milioni di italiani si sono già espressi. A voto si andrà su questo. (Monica Montanari)

  6. tramatlantico

    Le valutazioni di Velardi sono del tutto irrealistiche. Sembrano essere sensate ma si pongono fuori dall’onda delle cose. 8 mesi di campagna referendaria hanno lasciato il segno, hanno mobilitato il Paese, fatto una gigantesca lezione di educazione civica a tutti. Questo dibattito di dimensioni numericamente immani e inaudito per la complessità dei temi toccati a livello tanto popolare ha consegnato Forza Italia, Fratelli d’Italia, I Bersaniani alla storia. Non vederlo è impossibile. Crede che il propozionale sia occasione di una rinascita per queste propaggini? Non sarà così. La semplice esistenza del premio di maggioranza scatenerà logiche di sostanza non proporzionale, lotte esisziali, e sopratutto la destrutturazione ideologica dell’offerta politica. Ci sarà una corsa al centro con proposte fattuali e concrete. In questo schema Renzi è il più avanti ha una piattaforma molto ben promossa, su cui 13 milioni di italiani si sono già espressi. A voto si andrà su questo. (Monica Montanari)

  7. angelo libranti

    Siamo a un punto di non ritorno. Non vedo proprio la soluzione a tanti problemi che ci affliggono. Non si riesce fare la cosa più semplice: abolire le “consulenze”. E’ poco (mica tanto) in termini economici, è tutto affinchè cambi una mentalità.

  8. angelo libranti

    Siamo a un punto di non ritorno. Non vedo proprio la soluzione a tanti problemi che ci affliggono. Non si riesce fare la cosa più semplice: abolire le “consulenze”. E’ poco (mica tanto) in termini economici, è tutto affinchè cambi una mentalità.

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