Il sì controcorrente

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Bersani parla con Repubblica di referendum e del contesto in cui si svolge: “Semplifica, semplifica, non sai quello che viene fuori… il mondo sta andando dalla parte opposta… viviamo un’epoca in cui la globalizzazione si sta ripiegando su stessa e crescono i protezionismi anziché gli scambi… si va verso le chiusure, altro che liberi scambi…”. La fotografia è presa bene. Pulsioni antisistema, spinte populiste, voglia di ripristinare confini, incubi sovranisti, localismi e corporativismi a gogò: sono tutte tendenze del momento. Anche profonde, di lungo periodo. Dovute – se vogliamo solo accennarne, ma con un minimo di serietà – alle enormi trasformazioni di un mondo che la politica, confinata nei suoi angusti spazi nazionali, non riesce a capire, ad afferrare, figuriamoci a governare. Di qui i sentimenti diffusi, pervasivi e distruttivi di sfiducia generalizzata verso le istituzioni di ogni tipo e qualunque cosa odori lontanamente di “sistema”. Stati d’animo cui Bersani fa il filo, con le sue mezze frasi un po’ strascicate e il cinismo bonario di chi non crede a niente.

Ma un politico – questa è la domanda – può rassegnarsi alla fotografia dell’esistente, senza cercare risposte – magari anche azzardate, contraddittorie – a questa marea montante, mettendosi in gioco con un minimo di coraggio, di innovazione e di fantasia? Se sei Grillo Salvini Brunetta la questione non si pone: la rimandi a quando sarai al governo (cioè sine die), nel frattempo fai di tutto per ingrassarti mettendoti in scia all’opinione dominante. Vale lo stesso se sei Travaglio, se straparli in un talk show, se scrivi editoriali: tanto non hai il problema di prendere voti, ti basta fare rumore per restare sulla scena e mantenerti dei margini per poter alzare il dito (“ecco, avete visto, lo dicevo io…”). E anche se sei un illustre costituzionalista o un pensoso economista, il peso delle tue responsabilità si limita ad un’opinione della quale nessuno ti chiederà mai conto e ragione. L’importante è che le tue riflessioni siano pessimiste e inciprignite, così da garantirti successo: come dice Johan Norberg, “lamentarsi di tutto è un modo per segnalare agli altri che tu li hai a cuore”. E’ la “psicologia della moralizzazione”, baby.

Un politico capace, viceversa, non può limitarsi a prendere atto dell’onda dell’opinione pubblica e seguirla. Sull’onda non deve andarci a sbattere, perché il principio di sopravvivenza vale per lui come per chiunque. Ma non può semplicemente cavalcarla. Deve puntare a governarla, mutandone progressivamente la direzione. Molti si infastidiscono a sentirlo dire,  ma è quello che cerca di fare Matteo Renzi da due anni e passa, alternando riforme di sistema (che sono lente a decollare e danno anche fastidio, perché obbligano gli italiani a cambiare, a lavorare meglio, a impegnarsi, a crescere) e misure più concilianti – quando non demagogiche – verso l’elettorato (gli 80 euro, i vari bonus, ora le pensioni). Funziona questo schema? Finora ha funzionato. Renzi è lì e può restarci, a presidiare uno degli anelli ancora deboli della catena dell’Occidente. Mentre, nel frattempo, vacillano sotto i colpi degli antisistema tutti i pezzi pregiati del mondo sviluppato. In Europa e non si esclude in America.

Ora, però, si avvicina la madre di tutte le battaglie, e lo spirito del tempo si fa sentire sempre più. Facile immaginare che si concentrerà nel prossimo voto referendario. Gli stupidi, più precisamente gli stupidi in malafede, dicono che è tutta colpa di Renzi: prima perché aveva personalizzato l’appuntamento, poi perché non voleva cambiare la legge elettorale, ora perché la vuole cambiare ma per finta. Domani troveranno altre mille scuse. L’unica verità è che – come chiunque sa dal primo momento – il referendum sarà un bilancio del renzismo, un voto pro o contro il capo del governo. Che per lo stanco e cinico Bersani e per i NO rappresenta tutto quello per cui non si ha più la forza di battersi: il rischio del cambiamento, la bellezza della sfida, un futuro da giocarsi. E’ una solidissima piattaforma, quella del NO. Mentre il SI può far certo leva su argomenti razionali e spendibili, ma vincerà solo se soffierà nella sua campagna un alito di vita. Qualcosa che dica che le riforme sono possibili, che una speranza si può riaffacciare, che possiamo tornare ad avere un pizzico – basterebbe un pizzico – di fiducia in noi stessi. Come capite, una piattaforma maledettamente controcorrente, nel mondo di cui parla – e che pare piaccia a – Bersani.

Questo articolo ha 4 commenti

  1. L’analisi è perfetta. Ormai la sedicente “sinistra Dem” è un groviglio di conservatori. Il ragionamento di Bersani elenca una serie giusta di preoccupazioni ma non fa che adagiarsi su con stanchezza, sfinimento e con una totale inadeguatezza di soluzioni. La vecchia sinistra è come un pugile suonato che aspetta di rimanere in piedi fino a che suoni il gong inale. Il riformismo vuol dire futuro. Futuro non piace come parola ai conservatori. Bersani e co. si accontentano di boicottare qualsiasi cambiamento possibile. Il nostro >Governo e il Partito di riferimento non è esente da errori tattici e superficiali. Ma almeno ha la consapevolezza che ci vuole un cambio di passo. Questo cambio di passo se lo augorano chiunque abbia a cuore e interesse che si rimetta in moto un processo che rilanci la UE e l’Italia. Investitori eteri e Italiani non aspettano altro che riprendere a “fare impresa” che è l’unico modo per rilanciare l’economia e incrementare investimenti e posti di lavoro. La stizza di Bersani, come quella di D’alema e compagnia sta nel non aver colto i “desider”i! Offuscati come sono da personalismi egoideologici che dimostrano che in fondo del destino e della possibilità di un inizio possibile per un cambiamento realizzabile (un tentativo di…) non è nelle loro priorità. Ciò è avvilente. Ma poi ci vengano a spiegare “il governo di scopo di Dibba”! Sempre la solita sinistra sconfittista. Ma soprattutto sempre la solita sinistra!

  2. Giancarlo Durante

    Forse con qualche errore sintattico e ortografico in meno il commento di Ricciuti sarebbe stato più digeribile a supporto della un po’ semplicistica dicotomia velardiana. I supporters per essere più credili dovrebbero ogni tanto farcire i loro assunti anche di qualche velato distinguo ( Renzi che è persona intelligente e non è Berlusconi alla fine gradirebbe).

  3. Caro Durante, si vede Lei che non è uso a scrivere le proprie opinioni di getto e in modo sincero. Chi invece lo fa sinceramente , disinteressatamente non dà peso e eventuali refusi. Che sono usuali su quotidiani come La Repubblica dove chi scrive certo non lo fa di getto, sinceramente e disinteressatamente. Lei scambia refusi per errori grammaticali e sintattici, ulteriore dimostrazione che Lei non è proprio abituato a scrivere. Se Lei mie opinioni sovente sono vicine a quelle espresse da Velardi non vedo cosa ci sia da scandalizzarsi.
    Cordiali Saluti.
    ps. Le consiglio di essere più approfondito nell’analisi, piuttosto.

  4. ps. Rivendico i refusi perhè sono sinonimo di sincerità e evidente dimostrazione di scrittura di getto! Sulla “semplicistica dicotomia” di cui Lei parla si evince la Sua superficialità analitica.
    Rinnovo i miei più Cordiali Saluti.

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