Era una persona dolcissima, un uomo colto e mite. Lo conobbi tanti anni fa, anche perché aveva avviato una collaborazione, che sarebbe diventato un vero e proprio sodalizio, con il mio fraterno amico Pasquale Scialò, straordinario musicista che regalava armonie sofisticate alla sua vocazione drammaturgica. A Pasquale spesso dicevo che riconoscevo le grandi doti di Enzo, amavo meno il contesto dal quale era per sua ammissione “ossessionato”, e nel quale ambientava generalmente i suoi lavori (la Napoli sottoproletaria, quella dei Quartieri Spagnoli). Territori simbolici che rischiano sempre una rappresentazione oleografica, anche quando – come nel suo caso – diventano oggetto di rielaborazioni e stravolgimenti, soprattutto linguistici, di grande spessore culturale.
Qui un momento a mio avviso altissimo della collaborazione tra Moscato e Scialò: una poesia di Viviani (Guaglione) diventa una “Romanzetta” di raffinatissima fattura armonica, che l’intensa vocalità di Moscato rende appassionata e verace.